Il comitato APIDIENVS promuove in Bassa Sabina
un corso di “arte viminale” nel mese di Ottobre
“ ………La prima canna, quella di sinistra, passa quindi sopra le due seguenti, girando dietro il quarto sostegno e esce all'esterno. Stesso procedimento per la seconda canna che gira attorno al sostegno seguente, quindi altrettanto dicasi per la terza. E così di seguito per un giro intero, ricominciando ogni volta con la canna più a sinistra, sin quando le tre canne raggiungeranno esattamente quelle di partenza quando si raddrizzano i sostegni, il cordone si trova sotto il fondo, formando un bordo rialzato, che dona all'oggetto terminato una certa stabilità. … “
| canestra di olmo e canne |
Spiegato sembra difficile, ma basta provare e riprovare qualche volta per capire bene il meccanismo!
Quella di intrecciare vimini ed altre fibre vegetali è un'arte tipica delle campagne; molti tra gli anziani, chi con maggiore chi con minore abilità, sanno confezionare canestri per i normali usi domestici. Da noi questa attività artigiana è stata sempre complementare al lavoro principale dei contadini, che, nei ritagli di tempo, soprattutto nel periodo invernale, di sosta del lavoro dei campi, aiutati dai componenti della famiglia, si costruivano i vari contenitori con il materiale che la natura donava.
E la natura della Sabina è ricca e generosa di molte di quelle forme vegetali, talvolta disprezzate perché considerate inutili ed invadenti, che sono invece materiale prezioso per quest’arte. Lo sono il conosciuto salice (vimine o vetica), l’olmo, la ginestra odorosa, l’umile canna, il citiso (indicato in dialetto con lo strano nome di “cecapollo”). Ed anche, meno conosciute ma comunque adatte all’intreccio, l’orniello, il sanguinello, il lentisco, la vitalba, la molto diffusa taglia mani o falasca (Ampelodesmos mauritanicus) ed altre.
L'arte di intrecciare i vimini è universalmente diffusa, dalla preistoria ai tempi moderni, nel vecchio (Egitto) come nel nuovo (America) mondo. Testimonianze della produzione di cesti risalgono al neolitico, l'intreccio di fibre vegetali, probabilmente tra le prime opere di artigianato, precede e prepara la nascita della tessitura . I reperti sono scarsi, per la difficoltà di conservazione dei materiali, ma è certo che la produzione di cesti era già presente in Asia Minore nel IX millennio: testimonianze risalenti all'8000 avanti Cristo in Turchia, al 7000 avanti Cristo in Irak. Nella grotta Santa Croce di Bisceglie in Puglia è stato rinvenuto un manufatto ad intreccio antecedente al 6555 avanti Cristo. E peraltro, l’antichità di questa pratica è contemplata in diversi riferimenti mitologici e la stessa Bibbia. La documenta il cesto che raccoglieva i resti del corpo di Osiride, il paniere usato nei baccanali in onore di Bacco, il canestro contenente Mosé affidato al Nilo, assicurato su una zattera di giunchi intrecciati.
Quindi, in tutti i tempi e sotto tutti i cieli sono state intrecciati canestri e panieri. Di ogni forma, rotonda, ovale, alta e bassa, lunga e corta, col manico o l'impugnatura, persino quali borsette per signora e di ogni uso, contenitori, nasse per la pesca, strutture per l’edilizia, ecc.. Necessità d’utilizzo, fantasia e mode si rivelano inesauribili fonti d'idee nell'esecuzione di questi oggetti.
Ma per rendersi veramente conto delle possibilità e delle particolarità di questi materiali, noti da tempi remoti e in differenti tipi presenti in quasi tutte le campagne, bisogna poterli lavorare personalmente.
E’ arte particolare dar vita con le proprie mani, partendo da un intreccio di canne e ed altri vegetali, a un oggetto che è qualcosa di più d'un semplice recipiente.
Un’arte questa “viminale” che rischia di scomparire in questo nostro mondo globalizzato ormai preda di tecnologie e materiali sofisticati e sempre di più ad alto impatto ambientale.
Tramandare alle attuali generazioni questo antico sapere è una sorta di nemesi delle materie plastiche e della continua fame di energia che ci condiziona e ci aliena. Un ritorno ai bisogni ancestrali dell’uomo, alla saggezza ed agli istinti primordiali,
che la nostra Madre Terra, in un sussurro, ci consiglia di non dimenticare.
E’ su questo pensiero , che il comitato APIDIENVS si è impegnato ad organizzare, questo corso di “ARTE VIMINALE” come piccola fucina di apprendimento, in collaborazione con uno dei comuni della Bassa Sabina, quello di Salisano , primo di una futura serie di incontri che si intendono attuare nella regione, al fine del recupero e della diffusione degli antichi mestieri.
E poiché la Bassa Sabina è territorio particolarmente fecondo di tradizioni ed antichi saperi, il desiderio che ci sostiene è che questo prezioso patrimonio non vada perso.
Avvicinarsi all’arte di intrecciare i cesti, significa scoprire gli antichi saperi, vivere in simbiosi con la natura, valorizzare le cose semplici ma utili che la natura mette a disposizione di tutti; non occorre alcun investimento, servono solo le mani, la pazienza e tanta voglia di fare.
Ricercare nei campi, lungo i ruscelli o lungo le siepi gli arbusti ed i cespugli giusti, il giusto periodo per la loro raccolta, porta al contatto diretto con la natura, con la terra, obbliga all’osservazione ed alla ricerca.
Il cesto rappresenta, quindi, una sintesi armoniosa in cui l’ arte, si fonde con la natura, la botanica, le tradizioni, il territorio.
In un semplice cesto fatto di canne ed olmo, si nasconde un mondo antico tutto da riscoprire.
Alberto D’Elia e Flavio Ferrante
| Cesto ovale con manico realizzato con olmo e sanguinella |
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